Atti 16, 25-34 – Strana evasione, vera libertà (J. Perrin)
Che strano! Le porte del carcere vengono aperte per miracolo e nessuno scappa. I prigionieri hanno un’idea fissa, andarsene, ma quando il momento tanto sognato si presenta, rimangono nella loro prigione. Perché? Perché è notte fonda e tutti dormono? No, il testo dice che i prigionieri ascoltano Paolo e Sila che cantano. Perché non evadono i carcerati di Filippi? Non evadono perché la vera libertà non consiste nello scappare via dalla prigione. Tutto è aperto: le bocche di Paolo e Sila che pregano e cantano, la terra che trema, le porte del carcere. Ma questi segni non indicano la via della fuga, indicano invece l’autentica libertà, la liberazione interiore, la totale assenza di asservimento. Il segno più rilevante della nuova libertà è la sorte riservata alle catene dei prigionieri: le catene si spezzano. I prigionieri non solo sono liberi ma sono innanzitutto liberati da tutto ciò che li rendeva servi, sottomessi, avviliti. I carcerati sono i primi beneficiari degli atti degli apostoli, Paolo e Sila. Il testo si concentrerà solo in un secondo tempo sul carceriere ma i primi a essere toccati dalla libertà vera sono i carcerati, gli emarginati dimenticati della città. Dietro questa immagine si intravedono molti carcerati, quelli che davvero sono richiusi in prigione ma anche tutte le persone nella nostra società che sono alle prese con prigionie angoscianti: disoccupazione, discriminazione, malattia, disabilità, sfruttamento, violenza domestica, clandestinità. L’Evangelo che culmina nella risurrezione di Cristo libera da tutte le prigionie della vita. La vera libertà è liberazione dalle catene del male. Il paradosso della storia è che l’unico protagonista apparentemente libero, il carceriere, quando finalmente si sveglia e scopre la situazione, si spaventa e vuole togliersi la vita. La sua libertà gli impedisce di vivere! La sua libertà è solo illusione. Allora, ulteriore segno della compassione di Dio, pure al carceriere viene offerta la vera libertà. “Non farti del male, siamo tutti qui”, gli grida Paolo. Sei l’unico a essere ancora prigioniero qui, vieni e ascolta, e troverai la libertà. Anche il rappresentante dell’autorità può diventare un discepolo di Cristo, nessuno è escluso dalla salvezza.
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sermone di domenica 6 maggio 2012 | 40.02 KB |