Romani 12, 14 – Benedire o maledire: bisogna scegliere! (Janique Perrin)
Il secondo accento, lo metto sul significato spirituale della benedizione. Infatti, oltre all’importanza etica di benedire (e di non maledire), ci troviamo di fronte a un’ulteriore sfida per la nostra fede. Ma l’etica è scelta e prassi, essa non riguarda il nostro legame profondo con Dio, con Cristo, con la fede come nutrimento dell’anima. C’è una dimensione spirituale della benedizione come impegno, una dimensione che riguarda non solo l’agire ma il comunicare. E vorrei concludere questa serie di tre predicazioni sul tema della benedizione con questa riflessione sulla sfida spirituale della benedizione. E la chiave della portata spirituale della benedizione si trova nell’ospitalità (v. 13), nell’accoglienza incondizionata del vivente, dell’essere umano sconosciuto, disprezzato, etichettato, bollato. Potremmo dire che laddove c’è ospitalità, lì c’è benedizione. La benedizione non può essere efficace in un campo chiuso; la benedizione ha bisogno di spazio e di respiro per permettere ai persecutori di uscire dalle loro cattiverie, e ai benedetti di gioire della pienezza della vita. L’ospitalità come offerta di spirito di vita costituisce la condizione di partenza della benedizione. Dio non può comunicare con noi se rimaniamo all’interno dei confini delle nostre chiusure e delle nostre certezze. Per toccarci, per afferrarci, la benedizione ha bisogno dell’apertura della nostra esistenza al mistero dell’ospitalità.
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sermone del 17 luglio 2011 | 38.79 KB |