Isaia 65, 17-19.23-25 - Cercasi città celeste. Gerusalemme scaduta (J. Perrin)

1. La nuova città promessa

La prospettiva di una città celeste, cioè di una città veramente diversa e veramente portatrice di un progetto comune di crescita e di benessere, accomuna gli ascoltatori di Isaia, ai tempi del profeta come oggi. Siamo proprio allo stesso bivio. Che cosa scegliere? Che strada percorrere? Come ritrovare fiducia nelle istituzioni politiche, ma anche negli uomini e nelle donne che governano e hanno grandi responsabilità? Come ritrovare fiducia in un’economia che ha tradito le speranze dei lavoratori ma anche di molti padroni? Come inventare e costruire nuovi stili di vita? Siamo lì, al bivio decisivo. Se guardiamo bene vediamo che Dio ci fa strada e ci promette una nuova città, la città dei nostri sogni e del nostro futuro. La settimana scorsa, leggendo la storia di Anna, madre di Samuele, dicevo che Dio non abbandona la donna sterile. La Bibbia dice precisamente: Dio si ricorda. Nel testo di oggi, per permettere la nascita della nuova città completamente diversa, che cosa dice Dio? Dice che le cose di prima non verranno ricordate, che esse non torneranno più nel cuore (v. 17). Ecco. Dio è il maestro del tempo, Dio scandisce il tempo e, mentre si ricorda eternamente, egli può anche cancellare i traumi, pulire la lavagna e permetterci di ripartire da zero con il suo aiuto.


2. I suoi abitanti sollevati

L’espressione più importante, che riprende tutto ciò che Dio promette, dice: gli abitanti della città celeste non si affaticheranno invano (v. 23). E’ proprio qui il cuore della speranza di cui anche noi oggi abbiamo un urgente bisogno. Siamo stanchi della stanchezza inutile, della fatica che non rende, degli sforzi sprecati. Tra l’eccesso di tasse su chi già è onesto e la quasi assenza di prospettiva per chi sta concludendo una formazione, il nostro paese e i suoi abitanti si stanno esaurendo. Quando i semi non danno frutto il campo muore. Ed è questa situazione senza prospettiva e senza orizzonte che accelera lo scoraggiamento generale. Nella sua città Dio non lascia i semi senza frutto e nessuno lavora invano. La vita comune si costruisce e alla base troviamo il dialogo tra le generazioni, la solidarietà, una rete di relazioni affettive fondamentali per il benessere della società. Dio mette l’armonia nei rapporti, investe non sulle strutture ma sulle persone e sui loro doni. La città nuova si basa su relazioni feconde che generano idee e inventano oggi il futuro di domani. Il dono del benessere moltiplica le possibilità e questo clima di produttività, di ingegno, di invenzione umana, aumenta la qualità di vita di tutti gli abitanti. Potremmo chiamare felicità questa ricerca del bene comune e questa moltiplicazione di possibilità.


3. La non violenza fondamentale

Dopo aver parlato della nuova città e dei suoi abitanti trasformati dall’azione di Dio la profezia si conclude con la splendida metafora degli animali. Dalla creazione alla creazione in qualche modo, sia per gli animali, sia per le loro abitudini. Infatti, questi animali hanno perso i loro riflessi basilari, hanno cambiato cibo, non cacciano più. Si è rotta la catena alimentare! La visione può sembrare ingenua ma non c’è traccia di ingenuità qui. Questi dettagli quasi eccentrici indicano la profondità del cambiamento e soprattutto la sua irreversibilità. Dio crea e ricrea la vita e la sua promessa comprende una trasformazione completa del nostro vivere. Questo orizzonte non ci viene indicato come fantasia irraggiungibile ma come realtà possibile che Dio ci invita a costruire. Certo la città nuova e celeste non verrà dopo le elezioni del 2013, non basta credervi e impegnarsi perché essa nasca. Ma la città del futuro non è mai per Dio un’utopia, è la direzione che il Signore ci indica. Un viaggio ancora lungo ma dove la nostra fatica non è mai vana.

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