Giacomo 2,1-13 Dissidenza (J. Perrin)

1. La crisi della dissidenza
Giacomo fa della dissidenza una specificità dell’agire cristiano. Quando dice “La vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo sia immune da favoritismi” (v. 1), egli non enuncia solo un imperativo etico ma pone anche le basi di un nuovo ordine nelle relazioni sociali. Infatti la prima parte del nostro brano descrive una situazione in cui la comunità cristiana copia e imita la società: i cristiani vivono nella chiesa di Gesù Cristo secondo gli stessi parametri e secondo le stesse cattive abitudini del mondo. I ricchi vengono trattati con favore e i poveri vengono disprezzati. Questa scala sociale fondata sul potere della ricchezza non ha niente a che vedere con la fede in Cristo. Infatti Giacomo dice che Dio ha scelto i poveri del mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del regno (v. 5). Il criterio della fede che Dio stesso ha stabilito si fonda sulla povertà economica, cioè su uno status sociale basso. Gli ultimi saranno i primi, diceva Gesù stesso. Giacomo non aggiunge che i primi saranno gli ultimi perché la sua invettiva non mira a un capovolgimento degli estremi ma un cambiamento di status per tutti. Ciò che conta è che la società basata sulla fede in Cristo dia a ciascuno/a la stessa considerazione. La comunità cristiana nasce nell’uguaglianza perché Dio guarda tutti con la stessa compassione. Che cosa significa per la chiesa di Giacomo e per le nostre? Significa che la chiesa non può essere complice di favoritismi e che essa è chiamata a vivere secondo principi che possono essere radicalmente diversi da quelli della società civile. In questo senso la comunità dei credenti di Giacomo è dissidente. Essa si distingue dalla società, addirittura resiste o talvolta si oppone a un sistema fondato su riguardi personali o su leggi inique. La dissidenza della chiesa di Cristo non è fine a se stessa. La chiesa non è mai un gruppo ibrido che vive nel mondo ma non vuole essere contaminato da esso. La chiesa, i cristiani e le cristiane propongono e mettono in pratica una società diversa da quello dei favoritismi, dei privilegi, del nepotismo e della corruzione. La domanda è: ma la proponiamo davvero? Viviamo davvero relazioni uguali, rapporti franchi e dibattiti rispettosi? Siamo davvero un riflesso dell’unica ricchezza che sia, cioè della fede in Cristo?
 
2. La necessità della dissidenza

Di conseguenza la dissidenza è necessaria e urgente. Ma ripeto, non si tratta solo di un imperativo etico: noi abbiamo il monopolio della purezza e gli altri sono sulla strada sbagliata. Sarebbe una ricaduta palese nel sistema dei favoritismi. Sarebbe come giudicare gli altri e forse anche condannarli. Ciò che Giacomo dice è molto diverso. La dissidenza nasce da una trasformazione personale e interiore: ciascuno deve spogliarsi di tutti i suoi favoritismi per diventare ricco in fede. E questa trasformazione implica che ciascuno abbandoni la tentazione del giudizio dell’altro e scelga invece l’amore. Infatti i dissidenti non si erigono più a giudici degli altri ma si abbassano davanti a Dio per essere giudicati da lui. Questa è la vera dissidenza: rinunciare a qualsiasi potere sul prossimo e amarlo, cioè considerarlo uguale a me, non solo in diritto ma anche in virtù della compassione di Dio, unica giustizia che trionfa sui nostri giudizi. La dissidenza è necessaria e urgente. Non per proporci come modelli ma per cercare di rispondere alla vocazione della fede. Se amiamo il nostro prossimo siamo dissidenti. Se consideriamo che tutti i cittadini debbano essere uguali di fronte alla legge, siamo dissidenti. Se diamo la possibilità agli italiani di firmare e di consegnare un testamento biologico, siamo dissidenti. Se riconosciamo una relazione d’amore tra due uomini o tra due donne, siamo dissidenti. Se difendiamo il diritto di voto agli stranieri, siamo dissidenti.

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