Luca 24, 13-35 – La nuvola dei testimoni (Janique Perrin)

Ecco il cuore del testo di Emmaus: bisogna vedere per credere. I due discepoli, così come le donne davanti al sepolcro vuoto, sono testimoni della risurrezione. Cioè essi hanno avuto la fortuna di vedere Gesù risorto e hanno creduto in lui. Il testo di oggi inizia con questa frase:“I due discepoli non riconoscono Gesù perché i loro occhi sono come accecati.” Invece alla fine del racconto il testo dice: “In quel momento i loro occhi si aprono e riconoscono Gesù”. E appena l’hanno riconosciuto Gesù sparisce. Quindi, non si tratta solo di vedere ma di riconoscere. I discepoli vedono Gesù fin dall’inizio ma non lo riconoscono. Solo dopo la benedizione del pane i loro occhi si aprono e vedono: Gesù è vivente, Gesù è risorto. Per noi è molto più difficile fare questa esperienza del vedere Gesù perché egli è tornato al Padre. Anche perché pensiamo che solo gli occhi vedano. Invece vedere Gesù non significa vedere solo con gli occhi ma anche col cuore, con tutta la nostra persona. Non solo gli occhi devono aprirsi ma anche il cuore, le mani, le menti. Le chiese parlano spesso di testimoni e di testimonianza e queste parole sembrano quasi banali. In realtà sono parole semplici ma impegnative: si tratta di accettare la presenza di Gesù nella nostra vita, cioè accettare di aprire i nostri cuori alla sofferenza degli altri, aprire la nostra porta agli stranieri, aprire la nostra mente a situazioni nuove, prendere tempo per ammirare la creazione perfetta del Signore. Sono gesti semplici ma li facciamo sempre? O preferiamo rimanere chiusi nelle nostre case, rinchiusi nelle nostre idee? Ecco ciò che significa testimoniare: accettare che Dio apra i nostri occhi a una realtà diversa, più affascinante, più giusta, accettare di vedere e di riconoscere il viso di Gesù nel sorriso di un amico, di una madre, di uno sconosciuto.

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Sermone del 29 maggio 201137.81 KB
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